Raimondo di Sangro principe di Sansevero fu uno degli uomini più eclettici del suo tempo, figlio di quel razionalismo illuminato che invase il mondo occidentale durante il 1700. Tra i suoi innumerevoli interessi vanno annoverati l’alchimia e l’esoterismo, i quali gli provocarono l’appellativo di principe “diabolico” mentre era ancora in vita. Il 24 Ottobre del 1750, durante una cerimonia organizzata nella villa di Gennaro Carafa a Posillipo, Raimondo fu proclamato Grande Maestro della Massoneria napoletana. Nel 1751 il principe fu però costretto a rinunciare alla carica per colpa delle severe pressioni derivanti dal mondo ecclesiastico e politico, che gli valsero, tra le altre cose, la chiusura della tipografia privata. Come fare quindi a trasferire il suo messaggio agli adepti? Raimondo progettò una complessa iconografia per arricchire la cappella di famiglia, la Cappella Sansevero, ingaggiando i migliori artisti dell’epoca per realizzare quello che può essere definito un vero Tempio Massonico. Un visitatore attento, varcatane la soglia, noterà che le numerose statue che ne scandiscono il perimetro rappresentano alcuni membri della famiglia di Sangro, ma anche particolari virtù. Valori morali racchiusi in sculture quali Pudicizia, Disinganno, Zelo, sono tappe di un percorso iniziatico attraverso il quale l’aspirante massone può condurre se stesso nella ricerca della vera conoscenza.
Vediamo ora quali sono i 5 simboli massonici più importanti della Cappella Sansevero.
Iscrizione del portale di ingresso: la lapide marmorea del portale laterale, un tempo entrata principale, esprime la volontà di dare indicazioni al viandante su come muoversi prima di intraprendere il cammino iniziatico. L'iscrizione in latino esorta un ipotetico viandante a rendere omaggio al Tempio con una certa consapevolezza, con gli occhi attenti di chi è in grado di vedere e percepire il messaggio nascosto dietro i suoi monumenti.
Gloria del Paradiso: l'affresco che copre il soffitto della Cappella Sansevero è opera del pittore Francesco Maria Russo e risale al 1749. All'interno di una visione paradisiaca in stile barocco si nota la figura di una colomba con un triangolo dorato attorno al capo. Questo elemento, se nell'universo cristiano rappresenta la trinità, ha dei significati nascosti che vanno letti in chiave alchemico - massonica. La forma triangolare è identificabile alchemicamente con lo zolfo, abbinato dagli alchimisti al fuoco (lo spirito vitale, la luce celeste). Il triangolo è la forma delle piramidi egizie, e nella massoneria sta ad indicare la carica di Maestro Venerabile.
Monumento a Cecco de Sangro: è posto sopra l'ingresso principale della Cappella e ricorda il primo principe di Sansevero, Cecco de Sangro. Lo scultore è Francesco Celebrano e l'opera fu realizzata nel 1766. Il monumento ha un significato simbolico importante, poichè a differenza di altri monumenti sepolcrali, il defunto non viene celebrato con rappresentazioni di virtù ma attraverso la presentazione di una vicenda storica realmente accaduta. Cecco di Sangro, infatti, sarebbe rimasto chiuso in un sarcofago, fingendosi morto, per due giorni al fine di ingannare e sconfiggere i nemici durante la campagna bellica delle Fiandre nella guerra degli ottant'anni. E' importante sottolineare l'attimo preciso in cui viene rappresentato il personaggio, cioè il momento della rinascita. Dopo la morte apparente, Cecco salta via dal buio della sua tomba e rivive di nuovo, più forte di prima.
Il bassorilievo del Disinganno: Il Disinganno, opera di Francesco Queirolo risaltente alla metà del 1700, è dedicata al padre di Raimondo, Antonio di Sangro. Così come il velo del Cristo, anche la rete da pescatore che avvolge la figura sembra aver subito un processo di pietrificazione ad opera di stravaganti invenzioni. Antonio di Sangro fu un uomo che visse una vita dissipata, fino a quando non trovò rifugio nella fede. La rete, infatti, va letta come un riferimento alle bassezze terrene dal quale l'uomo tenta di svincolarsi. L'elevazione spirituale è maggiormente descritta nel bassorilievo della scultura in cui è presente la scena di Cristo che dona la vista al cieco accompagnato dalla scritta “Qui non vident, videant”, “Coloro che non vedono, vedranno”. Il luogo sullo sfondo è il Tempio di Salomone a Gerusalemme, luogo di importanza cristiana ma anche massonica dal momento in cui vi nacque la tradizione iniziatica del mito di Hiram. Il messaggio è chiaro: soltanto il Maestro, se si avrà fede, potrà donare gli strumenti per "vedere".
Il Cristo velato: capolavoro dello sculture Giuseppe Sanmartino, risale al 1753 e si trova al centro della Cappella. L’immagine scultorea del Cristo morto, ricoperto da una sindone trasparente dello stesso marmo, è la testimonianza dell’altissimo livello di precisione e cura dei dettagli raggiunta dalla scultura napoletana nel XVIII secolo. La sottigliezza del velo è tale da aver indotto per secoli a pensare che il principe abbia inventato una soluzione alchemica in grado di marmorizzare i tessuti, in questo caso un velo per poi ricoprire la statua. Il Cristo velato si pone come conclusione del percorso iniziatico dell'aspirante massone nella ricerca di sè. Si può in definitiva affermare che il principe Raimondo si sia servito di un’iconografia cristiana per descrivere un concetto ideologico di rinascita spirituale, laddove in questo caso il velo è un muro che ogni uomo deve oltrepassare per raggiungere la Verità, la luce oltre le tenebre.
La Cappella Sansevero è visitabile tutti i giorni: 9.30 - 18.30
Ultimo ingresso consentito fino a 30 min. prima della chiusura
Chiuso il martedì
Biglietto ordinario: € 7,00
Ragazzi da 10 a 25 anni: € 5,00
Artecard: € 5,00
Soci FAI: € 5,00
Scuole: € 3,00
Bambini fino a 9 anni: gratis
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