Una visita a Napoli può diventare anche un tour gastronomico: sono troppe le preparazioni uniche e incredibili che questa città ha da offrire. Basta una passeggiata per il centro storico per venire letteralmente sopraffatti da tantissimi profumi diversi: spettacolari fritture, dolci aromi di zucchero e liquore, odore di caffè in ogni angolo della città! Le vetrine colme di leccornie sono un vero attentato alla linea, ma anche la promessa di attimi di pura felicità. Bisogna cedere per forza! Di seguito un piccolo elenco che comprende 7 piatti che non puoi non provare per vivere davvero Napoli! Basta chiedere a qualunque napoletano, e confermerà certamente quanto queste ricette siano irrinunciabili tasselli della tradizione partenopea. Provare per credere. 

La sfogliatella: un dolce in due versioni

Ogni napoletano che si rispetti ha sicuramente mangiato tanto sfogliatelle da perderne il conto, e continua ad andarne matto. Così come chiunque si trovi a Napoli, non può esimersi dall'assaggiare questo spettacolare dolce le cui origini risalgono al XVIII secolo. In verità la prima sfogliatella è stata cucinata in provincia di Salerno, nel conservatorio di Santa Rosa da Lima a Conca dei Marini. Leggenda vuole che il dolce nasca quasi per caso, realizzato con gli avanzi del convento: pasta di semola, frutta secca, zucchero e limoncello. Per ottenere la sfogliatella che tutti i napoletani conoscono e amano fu necessario un furto di ricetta poiché, a quanto sembra, il pasticcere Pasquale Pintauro si appropriò della ricetta segreta del convento, e apportando delle modifiche decretò la nascita della tipica sfogliatella napoletana. Il fatto risale al 1818, e prevedeva il ripieno tuttora in uso: semolino, ricotta, uova, zucchero, canditi e aromi. La sfogliatella esiste in ben 2 versioni: la riccia, che prevede l'utilizzo della pasta sfoglia all'esterno, oppure la frolla, che vede appunto l'impiego della pasta omonima. Questa scissione ha creato delle vere e proprie scuole di pensiero, che affermano la superiorità dell’una o dell’altra versione. Non esiste una verità assoluta in proposito, il suggerimento è semplicemente provare!

Il babà: storia della sua reinvenzione

Un dolce che fa davvero parte dell’immaginario napoletano è senza alcun dubbio il babà, tanto da essere diventato un vero e proprio è aggettivo, che viene utilizzato per fare un complimento con simpatia a qualcuno. Anche il babà è un dolce che nasce fuori dalla capitale partenopea per poi venire reinventato e diventare così parte importante della tradizione culinaria campana. L'inventore a cui si attribuisce l’ideazione del babà è un re polacco, Stanislao Leszczynski. Poi, vari giri di matrimoni e parentele hanno permesso l’arrivo della ricetta in Italia. Qui la preparazione del babà è stata perfezionata nel tempo e solo i maestri pasticcieri padroneggiano la tecnica segreta di lievitazione di questa dolce delizia. Dopo che l’impasto è lievitato a lungo in uno stampo che gli conferisce quella riconoscibilissima forma da fungo, viene infornato. Una volta effettuata la cottura, il processo che lo rende così squisito non è ancora completo, poiché deve essere bagnato con una soluzione composta da zucchero e rum, oppure limoncello. Per dirla alla napoletana, adesso sì che è “nu babbà”! 

Frittata di maccheroni: una ricetta per combattere gli sprechi alimentari

La frittata di maccheroni è un piatto povero, che nasce per non sprecare la pasta avanzata e renderla gustosa e nutriente con pochi ingredienti. Si tratta di una ricetta molto antica, di cui serbava memoria perfino l’illustre Goethe. Quello che è cambiato nel corso del tempo è l’aggiunta di ingredienti per così dire “lussuosi”, che andavano a incrementare le varianti di un piatto che già in origine non è affatto leggero! Come il nome suggerisce, si tratta dunque di pasta fritta, i mitici maccheroni pasticciati con uova e formaggio, a cui successivamente sono stati uniti anche formaggi a pezzi (provola, caciocavallo, scamorza) e salumi come prosciutto cotto o salame. Alcune varianti prevedono l’utilizzo del pomodoro, mentre altre la vedono diventare più piccola: la mitica frittatina che viene servita spesso come antipasto nelle pizzerie e nelle friggitorie e che spesso ha decretato la fama di alcuni locali che la preparano a regola d’arte. 

Dal gateau francese al gattò di patate: una ricetta tra Francia e Napoli

Il gattò di patate deriva dal francese gâteau (che vuol dire “torta”) ed è infatti il risultato di una splendida commistione tra cucina napoletana e francese, risalente alla fine del Settecento, ai tempi di Ferdinando I di Borbone. Si narra infatti che i primi gâteau furono preparati per la moglie di Ferdinando, Maria Carolina. Il gattò è una squisita torta salata a base di patate, a cui vengono aggiunti uova, mozzarella, provola, salame e prosciutto cotto. Questo timballo morbido viene poi cosparso di pangrattato e infornato, così si crea quella deliziosa crosticina che crea il tipico contrasto tra morbidezza interna e croccantezza esterna. Il gattò è un piatto estremamente versatile, che può essere mangiato sia come patto unico, sia come sfizioso secondo piatto. Raffreddato e tagliato a pezzetti, si può utilizzare anche come divertente antipasto o come parte di un buffet. Impossibile davvero non adorare questo incredibile piatto, semplice ed esplosivo al tempo stesso!  

La genovese: una ricetta che nasconde storie e leggende

La genovese è un sugo bianco tipicamente napoletano a base di cipolle e manzo, che prevede una cottura lentissima. La pasta tipica con cui si accompagna sono gli ziti spezzati a mano ho le mezzane. Ma come mai un sugo che si chiama genovese e uno dei piatti più importanti della tradizione partenopea? Ebbene ci sono in proposito molte leggende di cui pare che la più veritiera associ questo sugo al tempo in cui fu inventata, che vedeva circolare in città mercenari del cantone di Ginevra da cui deriverebbe la storpiatura “genovese”. Altre leggende vogliono che questo sugo derivi dall'operato di cuochi genovesi che lavoravano al porto di Napoli tra il XIV e Il XV secolo. Questa diceria sembrerebbe infondata poiché a Genova i più non sono a conoscenza dell'esistenza di questa pasta. A prescindere dall'origine, questa deliziosa pietanza merita sicuramente un assaggio: la cottura lenta permette alle cipolle di diventare una crema gustosa dal sapore unico di cui i napoletani vanno ghiotti. Insomma la genovese non può non piacere, a meno che non si abbia un’intolleranza alle cipolle!

Sartù di riso: una speciale ricetta napoletana a base di riso

Il sartù di riso è un piatto molto legato al capoluogo partenopeo, e in effetti risulta peculiare che i napoletani tengano tanto un piatto a base di riso, visto che l'ingrediente principe dei loro primi piatti è quasi sempre la pasta! A sentire le leggende sembrerebbe che anche il sartù di riso sia stato inventato presso la corte di Ferdinando I di Borbone, dove i cuochi, furbescamente, fecero in modo di trovare uno stratagemma per rendere gradito il riso al sovrano. Così idearono questo delizioso timballo al forno, che grazie all'utilizzo del pangrattato in superficie, consentiva di nasconderne e il contenuto. Il sartù può essere bianco o rosso (ovviamente con l’aggiunta di pomodoro) ma il procedimento e gli ingredienti restano pressappoco gli stessi. Il sartù e anche un ottimo piatto del riciclo visto che al suo interno è possibile trovare praticamente di tutto: piselli, uova sode, polpettina, salsicce, pancetta, fiordilatte o provola. Neppure il pomodoro con cui viene condito è una salsa semplice, ma si tratta invece di un gustosissimo ragù napoletano! Nessuno può restare indifferente davanti a un buon sartù di riso alla napoletana, perciò il consiglio è sicuramente quello di assaggiarlo. 

Un ricetta da primo e da secondo piatto: il polpo alla luciana

Il polpo alla Luciana è l'ultima ricetta di questo elenco, ma non di certo per importanza. Si tratta di una preparazione tipica partenopea che prevede la cottura in umido di un polpo in casseruola condito con salsa di pomodoro, capperi e olive. Una volta cotto, la ricetta prevede l’aggiunta di prezzemolo tritato. Quello che è importante è che durante la cottura non venga assolutamente aggiunta dell’acqua: questa regola ha dato vita anche a un famoso detto napoletano “'O purpo se coce dinto a ll'acqua soja” (il polpo si cuoce nella sua acqua). Viene definito alla Luciana per via del quartiere di Santa Lucia, borgo marinaro dove questa ricetta fu inventata. Il polpo alla luciana è una ricetta estremamente versatile che può essere utilizzata sia come primo piatto, con l’aggiunta di spaghetti, sia mangiato come secondo piatto. Da non sottovalutare poi, la possibilità di rendere questo piatto un delizioso antipasto, con la semplice aggiunta di crostini di pane. Per definire questa ricetta esistono soltanto due aggettivi: semplicità e gusto.