Napoli è tra le città più scenografiche del mondo che colora fantasia e pensieri di innumerevoli autori, fecondando la loro ispirazione e attirandoli a se. Tra loro ci sono 5 grandi scrittori stranieri che, stimolati e spronati da questa magnetica città, hanno scelto di ambientarvi storie, romanzi e racconti.
Jean-Paul Sartre
Il rappresentante dell’esistenzialismo francese visita Napoli nel 1936 per la prima volta. In una lettera alla sua discepola e amante Olga Kosakiewicz, descrive il viaggio come un’esperienza di “spaesamento sensoriale”. Quindici anni dopo, nel 1951, Sartre parte “con le mani in tasca e della carta bianca in valigia” per intraprendere un nuovo viaggio in Italia che ispirerà “La regina Albemarle o l’ultimo turista”. A vegliare su di lui, ultimo turista che insegue le tracce del passato, è la figura della regina Albemarle che lo conduce in una Napoli, “in putrefazione, la amo e ne ho orrore”. Il filosofo resta per poco nella “città che riversa fuori se stessa ogni suo elemento” preferendo Capri, dove contempla il paesaggio “duro come la roccia e soffice come la vegetazione, una terra nera e fertile che è stata prima africana, poi greca e romana”.
Oscar Wilde
È il 1897 quando l’autore inglese si trova a Napoli. Minacciato dalla moglie Constance, che gli intima di porre fine alla sua relazione con Bosie, risponde: “mi ha rovinato la vita, e per questa stessa ragione sembro costretto ad amarlo di più, qualsiasi sia il prezzo”. Durante la sua permanenza in città, ultima la “Ballata del carcere di Reading” e nutre la speranza che la sua “Salomè” possa essere tradotta in italiano e trasformata in una pièce teatrale interpretata dalla magnifica Eleonora Duse. Da Posillipo, Oscar Wilde ridefinisce il suo futuro. “Sento ritornare tutti i miei poteri” annoterà nel suo diario di viaggio.
Fedor Dostoevskij
Arriva in Italia in un momento molto delicato della sua vita: di salute cagionevole, la figlia morta qualche tempo prima, ripensa alle difficoltà dovute alla censura in Russia e in più, ha perso molti soldi al gioco. L’ottimismo e la gioia tipica partenopea gli vengono in aiuto. Nell’agosto del 1863, lasciando la città, Dostoevskij avverte una lancinante nostalgia per il suo paese. In “Delitto e castigo”, l’autore fa raccontare a Svidrigajlov il suo viaggio in Europa: “All’estero mi veniva la nausea. Non per altro, ma ecco l’aurora che spunta, il Golfo di Napoli, il mare, tu guardi e ti viene la malinconia. No, in patria si sta meglio”. Anche il principe di Myskin, ne “L’idiota”, sogna una Napoli che racchiude in se la bellezza che salverà il mondo, descrivendola come una nuova Gerusalemme che “troppe volte s’è scoperta umiliata e offesa per colpa dei demoni che l’hanno violentata in nome di un solo dio, il denaro”.
Stendhal
Marie-Henri Beyle giunse in Italia nel 1800 arruolato nel reggimento dei Dragoni al seguito del primo Console Bonaparte. Nel 1817 pubblica “Roma, Napoli e Firenze” in cui si firma “Monsieur Stendhal, Ufficiale di cavalleria”: è qui che nasce lo pseudonimo che lo ha reso celebre in tutto il mondo. Nel libro non riporta solo emozioni di viaggio ma considerazioni approfondite e acute. Tra il 1829 e il ‘42 pubblica una serie di racconti, raccolti poi nel volume “Cronache italiane”, uno spaccato di storia riportata con elegante, inimitabile poesia. Durante il suo soggiorno nella città partenopea afferma: “In Europa ci sono due capitali: Parigi e Napoli”.
Johann Wolfgang von Goethe
Nel 1786 il poeta tedesco decide di approfondire il suo sapere intraprendendo il Grand Tour, fatto da artisti e scrittori a partire dal XVII secolo. Nel suo “Viaggio in Italia“, pubblicato nel 1816, Goethe si sposta sotto falso nome e comincia un cammino di rinascita. Arrivato a Napoli non è più un serio professionista ma un allegro ospite della città: “Oggi mi sono dato alla pazza gioia, dedicando tutto il mio tempo a queste incomparabili bellezze”. Ammira il “temperamento felice” dei partenopei che vivono nel presente e così diventa più spensierato: “Napoli è un paradiso. Tutti vivono in una specie di ebbrezza e di oblio di se stessi. A me accade lo stesso. Non mi riconosco quasi più, mi sembra di essere un altro uomo. Ieri mi dicevo: o sei stato folle fin qui, o lo sei adesso”.
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