In Italia, con i santi non si scherza. Specialmente con i santi patroni: che si tratti di sant’Ambrogio a Milano o di santa Rosalia a Palermo, un patrono non va mai preso sotto gamba. E questo è tanto più vero a Napoli, che ha il santo più tosto di tutti: san Gennaro.
Il miracolo del sangue di San Gennaro
Ogni anno, il 19 settembre, i napoletani si radunano nel Duomo al centro della città per assistere al miracolo di san Gennaro. Gennaro era l’arcivescovo di Benevento nel IV secolo, e fu decapitato per la sua fede cristiana. Secondo la leggenda, una donna raccolse il suo sangue in un’ampolla, per conservarlo e venerarlo come reliquia. Il sangue si solidificò, ma non in maniera definitiva: tre volte quasi ogni anno da secoli avviene il miracolo, e il sangue nell’ampolla si liquefa.
Nelle rare occasioni in cui il sangue è rimasto solido, la città di Napoli è stata colpita da una catastrofe. I napoletani ci tengono a sottolineare che nel 1980 il sangue non si sciolse e Napoli fu colpita da un terremoto che uccise quasi tremila persone. Un altro anno “solido” fu il 1528, quando la città fu devastata dalla peste. Se il sangue non si scioglie, Napoli potrebbe essere colpita da qualsiasi catastrofe, dall’eruzione del Vesuvio a un attacco terroristico.
Le “fan” di san Gennaro
Per questo motivo, non meraviglia che le donne vadano in chiesa per tutto il giorno e la notte precedente a pregare affinché san Gennaro compia il miracolo e protegga la città. Queste devote non distolgono mai lo sguardo dalla statua posta accanto all’altare. Il santo indossa una mitria da vescovo, una mantella rossa e il suo atteggiamento è sereno come quello di un Budda.
Le donne lo lusingano: «San Gennà, comme si’ bbello» e «Tu si’ ’o primmo santo nuosto». (Visto che la competizione fra santi è feroce, devono rassicurarlo che è lui il loro preferito.)
Ormai sono vent’anni che vivo in Italia, e anche se ho sposato un napoletano e amo appassionatamente la cultura italiana, ho qualche riserva in fatto di reliquie e miracoli. Perciò è stato con un pizzico di scetticismo anglosassone che ho deciso di andare al Duomo di Napoli per assistere al miracolo con i miei occhi. Mi aspettavo superstizione e scene melodrammatiche. Non mi aspettavo di restare profondamente commossa.
San Gennaro Superstar
La chiesa era una grande massa pulsante di umanità. Mi feci strada con difficoltà nella cappella laterale dove il vescovo avrebbe aperto la teca che conteneva il sangue di san Gennaro. Si sarebbe sciolto quest’anno? La tensione cresceva sempre di più. Un signore anziano accanto a me mormorava piano: «San Gennaro ci ama. Ci protegge. Ci ama...» Continuò a ripetere ci ama, ci ama come un mantra. La cappella riccamente decorata e affrescata odorava di incenso e sudore. Appoggiai il braccio su quello che credevo un piedistallo, ma poi mi accorsi che era il fianco sporgente di una donna: eravamo accalcati all’inverosimile.
Quando l’arcivescovo arrivò con la chiave, la gente iniziò a spingere e ad alzarsi sulla punta dei piedi in un inutile tentativo di vedere se il sangue era liquido. «Si vede?» cominciarono a chiedersi l’un l’altro. «È liquido?», e poi: «Sta chiudendo la teca! Ha il sangue!»
L’uomo vicino a me aveva cominciato a piangere in silenzio. Si asciugò gli occhi, poi vide che lo stavo guardando. “Signurí, lloro ’o ssanno! Lloro sì e noi no!” Era quasi insopportabile che i preti sapessero già se il sangue si era sciolto e noi dovessimo aspettare.
Per fortuna non dovemmo aspettare a lungo. Seguimmo la processione, guidata dall’ampolla del sangue (in un reliquiario d’oro che il vescovo teneva alto, sollevato sopra la sua testa) fino all’altare, dove la statua di san Gennaro sorvegliava il tutto. Il vescovo posò il reliquiario vicino all’altare – solenne, calmo... oddio, quanto ci metteva! – e noi cercammo di distinguere se il nero che vedevamo nell’ampolla fosse liquido o solido. Impossibile dirlo.
Poi il vescovo sollevò un fazzoletto bianco, il segnale che il sangue si era sciolto.
In quel preciso momento san Gennaro, con la mitria, la mantella rossa e l’espressione serena, divenne una rockstar. Sembrava i Beatles, Elvis, Madonna durante un concerto al Madison Square Garden. La folla si lasciò andare a urla, lacrime, applausi. Fuori iniziarono i fuochi d’artificio. Il vescovo annunciò che quando aveva aperto la teca il sangue era già liquido. «Popolo di Napoli!», e fece una pausa, aspettando che l’esultanza si calmasse. «San Gennaro ci ama! San Gennaro ci proteggerà!» La folla rispose con grida di Evviva san Gennaro! E lui ripeté: «Cari napoletani, il sangue era già liquido.»
Il signore accanto a me scosse la testa, pieno di sbalordimento e gratitudine. “Era già sciolto.” E il sottinteso era: Nonostante la mia sia una vita dura, nonostante io sia disoccupato e mio figlio abbia problemi con la giustizia, nonostante tutto questo, qualcuno mi ama. Mi ama così tanto che il sangue era già liquido. E io mi preoccupavo, da uomo di poca fede!
Ci fu un ultimo, esplosivo Evviva san Gennaro!, seguito da un applauso, prima che tutti uscissero dal Duomo, esausti ma rigenerati, certi della protezione e dell’amore del santo: l’unico, solo e ineguagliabile san Gennaro.
Questo articolo è stato scritto da Katherine Wilson, scrittrice americana che da anni vive a Napoli, catturandone gli aspetti più particolari e profondi, e descrivendoli nei suoi libri attraverso il suo personalissimo punto di vista di moglie americana.
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