La Quaresima a Napoli e in Campania tra sacro e profano
La Quaresima è un periodo di circa quaranta giorni che precede la Santa Pasqua. Una ricorrenza fondamentale per i cattolici di tutto il mondo che commemora le interminabili giornate trascorse da Gesù nel deserto dopo il suo battesimo. Un periodo contraddistinto da penitenze e da privazioni, storicamente in antitesi con il Carnevale, festa per antonomasia del piacere e del divertimento. Tant'è che il primo giorno di Quaresima è proprio il Mercoledì delle Ceneri, che viene immediatamente dopo il Martedì Grasso, ultimo giorno di Carnevale. Oggi il forte clima penitenziale della Quaresima si è fortemente stemperato e grossomodo è rimasto in uso solo il divieto di mangiare la carne ogni venerdì, mentre il digiuno completo è previsto solo per il Mercoledì delle Ceneri ed il Venerdì Santo. La contrapposizione tra Quaresima e Carnevale ha dato origine a molte manifestazioni in bilico tra sacro ed il profano, soprattutto nel Sud Italia. Oggi vi raccontiamo la storia di un paio di tradizioni anticamente in voga a Napoli e in Campania ma che ancora oggi sopravvivono nelle province più remote: il cosiddetto Fantoccio della Quaresima o Vecchia della Quaresima ed il Carnevale a cavallo della Vecchia.
La Vecchia della Quaresima: un simbolo di rinuncia e di austerità
Il Fantoccio della Quaresima, o Vecchia della Quaresima o secondo alcune fonti, Vedova del Carnevale, è una bambola di pezza e stracci neri che veniva appesa dai balconi delle abitazioni napoletane e di altre città della Campania, a partire dal Mercoledì delle Ceneri. Essa segnava l'inizio della Quaresima, "il conto alla rovescia verso la Pasqua", ma segnava anche la morte del Carnevale e di tutti i suoi eccessi goderecci. Molto probabilmente la tradizione trae origine da alcuni riti dell'antichità, come l'usanza romana di appendere agli alberi delle sculture antropomorfe, le cosiddette Oscilla. Al logoro costume dell'anziana vedova del Carnevale venivano aggiunte cinque piume a simboleggiare le cinque settimane di Quaresima. Alla fine di ogni settimana, al fantoccio si staccava una delle piume, fino a quando non ne veniva completamente svestito. Poi, infine, il Sabato Santo, la vecchia veniva bruciata in un rogo, per decretare solennemente la fine del periodo di Quaresima e di penitenza. Questa usanza era molto diffusa a Napoli fino agli anni '60, soprattutto nel Centro Storico, in quartieri come la Sanità, ad esempio, ma oggi sopravvive ancora nelle province di Benevento e Avellino ed in Costiera Sorrentina e in Costiera Amalfitana. Una particolare declinazione di questo rito si svolge tuttora ad Alife, nel casertano. In questo caso il vecchio fantoccio, che a volte può essere anche un tronco di albero rivestito, viene segato, fatto a pezzi o bruciato, per simboleggiare anche in questo caso la conclusione del periodo quaresimale o, più estesamente, la fine dell'inverno e l'avvento della primavera.
La storia del Carnevale a cavallo della Vecchia a Napoli
Un altro rituale tradizionale che segna il passaggio tra il Carnevale e la Quaresima è il cosiddetto Carnevale a cavallo della Vecchia, una sorta di performance teatral-musicale, interpretata da un figurante che riusciva abilmente ad indossare una doppia maschera. Il Carnevale era rappresentato da un Pulcinella che con delle gambe fittizie si accavallava sulla schiena di un'anziana signora sdentata e denutrita che simboleggiava la Quaresima.
La cerimonia era accompagnata da alcuni musici che suonavano una tarantella od altre musiche popolari. Il Carnevale a cavallo della Vecchia danzava in maniera goffa e lenta, come a simboleggiare la difficoltà della Quaresima, ossia della penitenza e della rinuncia, a scrollarsi di dosso il pesante e lussurioso partner carnevalesco. A questo ritmo cadenzato, il gruppo cerimoniale si fermava davanti ai bassi e ai fondaci della città partenopea dove erano accolti dal popolo con allegria e convivialità e soprattutto con caraffe di vino e con i cosiddetti salatielli, lupini imbevuti con acqua e sale. Durante questa sorta di processione sovente il Pulcinella agitava delle nacchere e recitava motti osceni costringendo la vecchia a simulare atti erotici, gestualità che provocavano le risate dei passanti invogliandoli in qualche modo ad essere più prodighi nei confronti della "Vecchia". Questa antica messinscena, che si svolgeva già durante i giovedì del Carnevale per proseguire durante la Quaresima si può associare ad un altra cerimonia ancora in voga in alcuni comuni campani: il cosiddetto funerale del Carnevale.
Un vero e proprio corteo funebre dove un fantoccio, rappresentante il Carnevale, era trasportato per le vie della città in una bara decorata da fiori e ghirlande per poi essere infine bruciato in un falò espiatorio. Prima dell'atto purificatore veniva letta una sorta di condanna pubblica al piacere ed al vizio, che segnava solennemente l'ingresso del periodo di Quaresima, da molti napoletani descritta come "più nera e più brutta della Morte".
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