Due siti Unesco a Caserta
Il Palazzo Reale con il suo Parco, l’Acquedotto Vanvitelliano e il Belvedere di San Leucio rappresentano il complesso monumentale di Caserta capolavoro del genio creativo dell’architetto Luigi Vanvitelli, al quale il Re Carlo di Borbone affidò nel 1750 la realizzazione di quella che doveva divenire la nuova capitale del Regno di Napoli.
Nel 1997 questi luoghi sono entrati a far parte della Lista dei Patrimoni dell’Umanità UNESCO, perché ritenuti un’eloquente espressione in forma materiale del Secolo dei Lumi, perfettamente integrata nel suo ambiente naturale.
La Reggia di Caserta: bellezza e strategia
La Reggia di Caserta si erge, maestosa e placida, nella campagna casertana. Edificata nella seconda metà del Settecento, fu fortemente voluta da Carlo III di Borbone deciso ad esaudire un suo ideale: quello di dare al Regno delle Due Sicilie un palazzo reale che potesse competere per bellezza e magnificenza alle Regge di Versailles e Madrid.
Ma le ragioni che lo portarono a costruire un nuovo palazzo reale erano anche di tipo strategico: stare su Napoli ed esposti sulla costa non era più sicuro. Il mare costituiva luogo di attacchi da parte dei nemici ed inoltre c’era anche da considerare l’eccessiva vicinanza al Vesuvio che poteva risvegliarsi da un momento all’altro. Inoltre, vi era anche una questione politica: il re aveva bisogno di presidiare in prima linea sull’entroterra, dove avevano le loro residenze i baroni, nobiluomini molto potenti e ricchi.
Quindi Carlo di Borbone, dopo aver reso Napoli il più importante centro della cultura del Regno e restaurato l’antico Palazzo Reale cinquecentesco, decide di “creare” una nuova Capitale amministrativa di un territorio finalmente sottratto alla sua condizione Vicereale. Infatti, la Reggia di Caserta non è solo la “casa del re”, ma anche sede amministrativa degli uffici del Nuovo Stato.
Tale progetto tanto prestigioso viene affidato all’architetto Luigi Vanvitelli, all’epoca impegnato nel restauro della Basilica di Loreto per conto dello Stato Pontificio. Vanvitelli è figlio del maggior pittore vedutista dell’epoca, Gaspar Van Wittel, ed ha studiato all’Accademia San Luca di Roma, dove ha riscoperto un modello antico di architettura e sviluppato delle capacità altamente scenografiche.
Tali capacità e studi sono altamente espressi nell’architettura della Reggia, dando avvio a un nuovo movimento architettonico, l’architettura vanvitelliana e cioè un recupero del modello antico. È il primo a progettare un vero e proprio arredamento per interni.
Per quest’opera, Vanvitelli si fa aiutare da un gruppo di giovani ed abili artigiani dell’Accademia di Napoli che poi saranno mandati, per formarsi ulteriormente, nell’accademia romana dove aveva studiato lo stesso Vanvitelli. Essi si occuparono di realizzare gli affreschi, gli arredi e le decorazioni dell’appartamento reale: un appartamento complesso che occupava tutto il piano nobile della Reggia di Caserta.
La Reggia non si sviluppa orizzontalmente ma verticalmente: le parti più scenografiche sono probabilmente l’insieme dell’atrio e del monumentale scalone d’onore e la cappella. Lo scalone è un’invenzione dell’arte scenografica settecentesca e collega il vestibolo inferiore e quello superiore, dal quale si accede agli appartamenti reali. La Cappella Palatina, progettata dal Vanvitelli fin nelle decorazioni, è di certo l’ambiente che più di ogni altro mostra una chiara analogia con il modello di Versailles. Tramite lo scalone si accede anche al Teatro di Corte, mirabile esempio di architettura teatrale settecentesca: la sala a ferro di cavallo presenta degli ambienti di eccezionale bellezza.
I Giardini della Reggia: arte e natura
Il progetto di Vanvitelli per la Reggia, richiedeva uguale importanza per gli interni quanto per il giardino retrostante. I suoi giardini si inseriscono perfettamente nel paesaggio e non solo, ne recupera anche un antico giardino, quello del Principe Andrea Matteo Acquaviva, precedente feudatario di Caserta.
I Giardini sono percorsi interamente da una solenne via d’acqua che ricollega la Reggia al territorio. Questo è alimentato dalla cascata del Bosco di san Silvestro.
Il Parco della Reggia è una spettacolarità senza pari! Nei tre chilometri che percorrono il vialone centrale si incontrano le Fontane del Mito, le quali, ognuna di queste racconta una storia:
• La Fontana dei Delfini: con al centro il Mostro marino;
• la Fontana di Eolo: con il Dio dei Venti che si oppone ad Enea e ai troiani;
• la Fontana di Cerere: omaggio alla Sicilia che era entrata a far parte del Regno;
• la Fontana di Venere e Adone: che celebra una storia d’amore su cui incombe la tragedia;
• la Fontana di Diana ed Atteone: il mito del cacciatore trasformato in cervo e poi sbranato dai cani di Diana, per aver violato l’intimità della Dea.
L’Acquedotto Vanvitelliano e il Bosco di San Silvestro
L’Acquedotto Carolino serviva per portare l’acqua alle cascate e alle fontane della Reggia. È un capolavoro di ingegneria che riprende la maestria degli acquedotti romani e li supera in grandiosità. Rappresenta una delle più importanti opere pubbliche realizzate dai Borbone.
Luigi Vanvitelli fece scavare grandi pozzi, innalzò a 60 metri un viadotto lungo 528 metri chiamato “Ponti della Valle”, un ponte a tre ordini di arcate costruito per superare l’alta valle di Maddaloni. L’Acquedotto percorre per 38 km e le sue acque alimentano la cascata della Reggia e l’opificio di San Lucio in attività.
L’Acquedotto si introduce all’interno del Bosco di San Silvestro, una tenuta di cento ettari che si sviluppa alle spalle della cascata del Parco Reale e che, acquisita da Carlo Borbone, venne resa idonea alla caccia, alla coltivazione di vigne ed ulivi, all’allevamento di ovini e alla produzione di formaggi pregiati. Al suo interno, sulla collina del monte Briano, fu costruito il Real Casino di San Silvestro. La tenuta serviva ad offrire ristoro al re ed al suo seguito durante le battute di caccia. Dal 1993 il Bosco di San Silvestro è divenuto un' Oasi WWF dell’estensione di 76 ettari.
Complesso Monumentale di San Leucio
La Real Colonna di San Leucio sorge su una verde collina. Re Ferdinando IV, in seguito alla morte a soli tre anni del suo primo genito, decise di trasformare il Casino di Caccia, che aveva chiamato Il Belvedere per l’incantevole vista, in un grande centro di manifattura della seta dove potevano lavorare gli stessi abitanti, che furono istruiti per diventare artigiani eccellenti e al contempo cittadini esemplari.
Il complesso monumentale di San Leucio comprende, oltre al Museo della Seta, gli appartamenti reali con gli splendidi affreschi della sala da pranzo, opera di Fedele Fischetti, con scene che riproducono Le Nozze di Bacco e Arianna, e il bagno di Maria Carolina, con decorazioni alle pareti di Philipp Hackert.
La maggior parte dei tessuti prodotti a San Leucio, a partire dalla fine del 1700, erano per l’arredamento: venivano realizzate stoffe per copriletto, tendaggi, parati. Inizialmente i telai avevano misure abbastanza ridotti, si producevano stoffe con misure variabili dai 60 agli 80 cm per arrivare poi a telai molto più grandi, come quelli larghi più di 2 m che potevano produrre una coperta matrimoniale.
Una delle maggiori peculiarità della produzione serica borbonica era la coperta di seta, formata da 28mila fili. Ogni promessa sposa doveva possederne una prima del matrimonio e al passaggio della madonna del 2 luglio ogni famiglia, in segno di rispetto, doveva esporla.
Esempio unico di sperimentazione sociale, il Borgo di San Leucio era regolato da uno Statuto Speciale che stabiliva che non c’era nessuna differenza fra gli individui, qualunque fosse il lavoro svolto: l’uomo e la donna godevano di una totale parità in un sistema che faceva perno esclusivamente sulla meritocrazia.
I prodotti di San Leucio si possono ammirare nei principali musei del mondo. Le bandiere britanniche di Buckingham Palace, quelle statunitensi dello Studio Ovale della Casa Bianca e quelle italiane presenti nei palazzi del governo, Quirinale e Palazzo Chigi, sono tutte state realizzate a San Leucio.
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